martedì 6 febbraio 2018

Umano


“Insomma, dovete tener presente che dopo tutto siamo fatti solo di polvere. Ammetterete che non è molto se si vuole tirare avanti; e non dovremmo dimenticarcelo. Ma anche tenendo conto di questo, che non è certo un bell’inizio, non ce la stiamo cavando tanto male. Insomma, personalmente sono convinto che ce la possiamo fare anche in questa situazione del cavolo in cui ci troviamo. Mi seguite?” LE TRE STIMMATE DI PALMER ELDRITCH (1964). Detto in altre parole da un altro autore mezzo secolo prima: “’L’uomo è fatto di vile materia!’ Che noi stendiamo o abbassiamo le braccia, che non sappiamo se volgerci a destra o a sinistra, che siamo fatti di abitudini, di pregiudizi e di polvere, e tuttavia avanziamo secondo le nostre forze per la nostra strada; qui sta appunto l’umano!”(nota 1) Ma se questo essere polvere non ci impedisce di percorrere quella strada che sentiamo come umana (se non proprio al di sopra, comunque altra da quella specificamente animale e istintiva) in che cosa potremmo distinguere tale natura particolare dalle altre? “-La misura di un uomo non è la sua intelligenza. Non è il livello che può raggiungere nel sistema dei fenomeni di natura. La misura di un uomo è questa: con quale rapidità sa reagire ai bisogni di un’altra persona? E quanto di se stesso può dare? Quando il dare è autentico dare, non riceve nulla in cambio, o almeno…”-“ NOSTRI AMICI DI FROLIX 8 (1968-9) I nostri amici alieni di Frolix 8 ci forniscono una risposta saggia, la capacità di aver cura dell’altro è ciò che ci rende umani. È una risposta che in Dick è già presente fin dai suoi primi racconti come UMANO E’ del 1955 in cui una donna, il cui marito odioso all’improvviso diviene affettuoso e premuroso, scopre che questo è dovuto al fatto che un alieno si è sostituito a lui. Sospettato dalla polizia, la moglie ne garantisce l’identità umana. Essere alieni non preclude necessariamente possedere quelle caratteristiche che noi attribuiamo, o vorremmo attribuire, all’umano in quanto tale. Ma Dick ci ha anche abituato a non renderci le cose troppo facili e tutto si complica quando la natura dell’altro si configura come artificiale (artefatto, costruito e quindi non naturale). I replicanti o androidi, sono esseri artificiali, prodotti di laboratorio, e sono privi di empatia. Se hanno ricordi, emozioni o altro, questi sono stati implementati, a monte, nel loro programma. E se con gli animali possiamo provare un certo disagio nello sfoggiare una nostra pretesa superiorità, in quanto ‘umani’, con degli esseri artificiali, in qualche modo inautentici, queste remore non possono sussistere. Ma Dick riesce a complicare anche questo. “-Se risulto essere un androide,- continuò a dire Phil Resch –la tua fede nel genere umano subirà un rafforzamento. Ma siccome non credo che andrà così, ti suggerisco di cominciare a farti un quadro ideologico che giustifichi” la crudeltà e la mancanza di empatia anche in un essere autenticamente umano, MA GLI ANDROIDI SOGNANO LE PECORE ELETTRICHE? (1966) Un essere che in tutto ci assomiglia, per quanto crudele possa essere, è giusto che non venga considerato umano? Su quali basi possiamo farlo? Se non riconosciamo come umano un essere che in tutto è simile a noi tranne per una presunta natura non umana, come potremmo garantirci di non essere a nostra volta esclusi, non riconosciuti in base a una qualche altra presunta differenza? Razza, cultura, religione, colore…

Nota 1: Robert Musil, L'uomo senza qualità. 

Nessun commento:

Posta un commento