domenica 7 dicembre 2014

Robot


I robot avranno infine cura di noi? Come scriveva Samuel Butler alla fine dell’Ottocento in Erewhon “c’è motivo di credere che le macchine ci tratteranno con bontà, perché la loro esistenza dipenderà in larga misura dalla nostra. Ci governeranno con severità, ma non ci mangeranno.” Nel racconto del 1953 I DIFENSORI DELLA TERRA Dick immagina che gli abitanti della terra, durante la guerra nucleare, si siano rifugiati nelle viscere del pianeta e abbiano lasciato in superficie solo i robot a combattere quella guerra che devastava tutto e sembra ma non volesse mai finire. Ma in realtà i robot, più giudiziosi de4gli umani, l’aveva già fatta finire e ingannavano quest’ultimi facendo credere loro il contrario. La stessa trama sarà alla base del romanzo LA PENULTIMA VERITA’ (1964), così come le città con i robot che sostituiscono i loro abitanti in tutte le funzioni necessarie si ritroverà anche nel romanzo I GIOCATORI DI TITANO (1963). Altri robot che sopperiscono alla responsabilità e fatica del lavoro si trovano nei primissimi racconti, come L’UOMO VARIABILE e IL MONDO IN UNA BOLLA, entrambi del 1953. In pochi casi i robot rappresentano una vera e propria minaccia, nel 1954 abbiamo i racconti IL MONDO DI JON e soprattutto JAMES P. CROWN  in cui riescono addirittura a prendere il sopravvento e a rendere servi (anche se non proprio schiavi) gli umani. Ma sostanzialmente il robot non è un essere pericoloso, “E’ interessante che io mi fidi di un robot e non di un androide. Forse perché un robot non cerca di ingannarti sulla sua vera natura” scrive lo stesso Dick in una nota del 1978 al racconto L’ULTIMO DEI CAPI (1954) in cui in una terra regredita rimane in una sola città nascosta in una valle un robot detentore delle antiche conoscenze, “Lui manteneva vivo un mondo razionale, evoluto. Un’oasi di produttività in un deserto di decadenza e silenzio”; ma oramai purtroppo era vecchio e arrugginito. Un ruolo importante assolto dai robot è l’insegnamento come avviene nella colonia di Marte, NOI MARZIANI (1962) in cui gli insegnanti sono meccanici e si chiamano: Aristotele, Sir Francis Drake, Abramo Lincoln, Giulio Cesare, Wiston Churchill, Thomas Edison, Whitlock, Babbo benevolo, Mark Twain, l’Imperatore Tiberio, Immanuel Kant, Filippo II di Spagna e infine il bidello iracondo. Ma è un ruolo difficile e non privo di inconvenienti, nel racconto PROGENIE (1954) l’educazione dei bambini è affidata fin dalla nascita ai robot ma alla fine i bambini trovano che i loro genitori emanino un odore particolare, forse l’odore sgradevole dell’essere vivi. Ogni tanto si incontrano anche robot coscienti della loro condizione, diciamo non proprio felice, come nel racconto UN REGALO PER PAT (1954) in cui il protagonista chiede al robot che conduce il taxi: “_possono essere licenziati i robot?_  _A volte. (…) Però consideri che i robot vengono frequentemente smantellati, fusi, e dai loro resti vengono fatti nuovi robot. Ripensi al Peer Gynt di Ibsen, alla scena del Foggiatore di Bottoni. Quel passaggio anticipa chiaramente in forma simbolica il trauma dei futuri robot.” Ma bisogna arrivare al 1967 col romanzo GUARITORE GALATTICO per trovare un robot cosciente della propria natura artificiale e che in un qualche modo ne reclama il diritto d’esistenza; all’affermazione del riparatore di vasi Joe Fernwright “Visto che sei un robot, non capisco perché tu sia coinvolto emotivamente in questa faccenda. Tu non hai vita.” Il robot Willis controbatte che “Nessuna struttura, nemmeno una artificiale, gradisce il processo entropico. E’ il destino ultimo di ogni cosa, e ogni cosa vi si oppone.”

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