sabato 15 novembre 2014

Antonello Silverini: Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?


Inserire in un titolo di fantascienza insieme alla parola androidi quello di pecore, anche se elettriche, è già una scelta ardita, comunque bizzarra, illustrarne poi la copertina con l’immagine di una pecora in primo piano è decisamente un atto coraggioso. La pecora è un’animale mansueto e richiama la rassegnazione e la sottomissione, il gregge si aggrega per ubbidire. Eppure Antonello Silverini ci sbatte in prima di copertina un muso di pecora affatto inquietante, e quando si dispiega per intero la copertina il resto del corpo insieme a quel fondo di materia sanguigna non sortisce certo un effetto migliore. E non sono tanto gli elementi estranei che Silverini apporta, comunque con parsimonia, alla figura dell’animale, due o tre rotelline o minuscoli ingranaggi, un paio di biglietti con le parole ‘del falso’ e ‘power’, a darci un effetto di straniamento, se non proprio di vero conturbamento; è l’animale stesso a comunicarcelo. La sua posizione, laterale con il muso invece rivolto frontalmente verso noi e le due orecchie tese, orizzontalmente. Ecco, queste orecchie e la posizione dell’animale mi hanno ricordato l’unico altro esempio, che io conosca nella storia dell’arte, altrettanto inquietante. Un’opera di un pittore americano vivente James Wyeth, ‘Portrait of Lady’ (visibile qui). James Wyeth è figlio di un altro pittore importante Andrew Wyeth, citato nel romanzo di Dick Deus Irae, scritto in collaborazione con Roger Zelazny, e nipote del grande illustratore N. C. Wyeth, insomma una grande casata dell’immaginario visivo americano. Quest’immagine di Silverini testimonia di quanto sia importante e decisiva la capacità di rubare nel fare artistico e creativo. Il furto è l’arte più bella che ci sia quando si sa come e perché rubare, e Silverini, va detto, sembra proprio saperlo. Anche quei bigliettini scritti, quelle specie di pizzini hanno una valenza strategica. E’ sempre rischioso inserire in una rappresentazione visiva delle informazioni che appartengono al linguaggio scritto, quasi a voler sopperire a una mancanza del visivo; ma in questo caso la scritta ‘del falso’ sta come un marchio, un certificato di garanzia: si certifica l’autenticità del falso (un tipico esempio in Dick è ben rappresentato nel romanzo La penultima verità con i falsi autentici). Più in basso un secondo pizzino cita la parola inglese power, il potere, il potere del falso. Ma ecco che power significa anche ‘a motore’ e l’interruttore raffigurato vicino ad esso ne sancisce l’avviamento. Qui si certifica l’autenticità di questo falso a motore, la pecora elettrica appunto, oggetto del desiderio di ogni autentico falso essere umano, l’androide.   


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